sabato 15 marzo 2008

Una goccia di solitudine è sufficiente, per riportare alla mente le desolate distese del Gansu, altipiani di terra brulla e paludosa, pochi esseri viventi indifferenti e due cani selvatici, enormi che mi abbaiano da lontano. Mi ricordano il caldo muto dei miei silenzi marocchini, dove l'unico dialogo possibile era quello con me stesso. La solitudine della squallida Errachidia, la solitudine di ricevere attenzioni umane solo come potenziali acquirenti di droga, puttane, o tajine. La solitudine di una stanza ammuffita e fredda a Longshen. E' meglio essere amici della solitudine, è meglio saperci convivere, ma non è mai la prima scelta, non è mai la meta; forse un mezzo. E' amaro constatare come siano queste solitudini a rendermi forte ed altrettanto amaro sapere che per questa forza ho dovuto sacrificare molto di me stesso.

Forse è anche per questo che nutro dentro una certa vecchiaia, come quella di un uomo che da giovane ha visto l'orrore della guerra.

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