lunedì 23 giugno 2008

Il modo più semplice per definire i confini di una esistenza, di qualsiasi forma, è quella di dare ad essa un nome. Dare un nome alle cose che esistono significa appropriarsene, portarle da fuori verso l'interno. In questo modo l'universo si fa più chiaro, ogni cosa è più ordinata, numerabile e definibile. Il nome è una gabbia logica, che permette la scissione di A (ora nominato) da B (anch'esso ormai tra noi). Così l'uomo si difende, così l'uomo afferra ciò che non può conoscere e lo rende piccolo ed insignificante. Dove è possibile, nel silenzio, percepire il respiro dell'universo spesso ci capita di indicare i punti chiari sopra di noi e pronunciare una parola, cucire insieme innumerevoli costellazioni, raggruppare, secondo forme note, l'ignoto. L'immenso diventa una superficie piatta e bidimensionale. L'infinito una volta, arena di lunghe dissertazioni.

Ed è così che a volte smarrisco le stelle cadenti.

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