mercoledì 13 maggio 2009

La scomparsa mattutina di Adam Smith (Parte 3 di 3)

Le seguenti parole comparvero sulla carta .

Le frontiere non esistono. Le frontiere non sono altro che la xenofoba risposta alla paura umana per la sconfinata immensità e vastità dell’esistenza. Le frontiere sono confini stabiliti arbitrariamente dalla nostra mente, incapace di accettare l’estrema interconnessione delle cose. Amavo definirmi me stesso ed ero solito indicare l’altro. Ma ora nulla è rimasto, non Io, non Tu, non il diverso. Niente interno ed esterno, niente paura. Non v’è necessità alcuna di superare le frontiere per colui che semplicemente comprende, è e vive in tutte le cose, in ogni luogo. Il cielo ha bevuto la clessidra del tempo, quest’attimo è eterno, senza inizio e senza fine. Chiedete all’arcobaleno il confine che separa i suoi colori e quello riderà di voi. Chiedete alla Terra dove finisca la sua pelle d’aria e dove inizi l’universo e quella riderà di voi. Domandate all’Oceano di elencarvi i suoi mari e quello risponderà solamente acqua. Le frontiere sono la prigione che costruiamo per il nostro spirito, per poterlo trattenere, per poterlo osservare e dire esisto. Più l’uomo è debole e piccolo, più le frontiere dentro cui si barrica sono ristrette e vincolanti. Ho visto recinzioni innalzate con la scusa di proteggersi, innalzate a servizio della propria vita, del proprio benessere. Sono le frontiere dell’odio. Ho visto frontiere invisibili, fatte di opinioni che sbattono l’una contro l’altra senza volontà di capirsi, senza volontà di andare oltre le differenze. Ho visto uomini chiamarsi per nome e dire Io sono il mio Nome. Ho visto uomini dire Io, senza permettere all’altro di arrogarsi lo stesso identico diritto. Di tutte le frontiere sono ormai stanco, di tutti i diversi che non esistono, che sono il ritratto della nostra sofferenza. Annullerò il grande confine. Mi sciolgo adesso, lascio queste parole come un gesto dovuto, come un dono a coloro i quali vorranno superarsi. Ho riscoperto me stesso.

Quindi, deposta la penna sul foglio, quel che rimaneva dello scrittore Adam Smith andò a coricarsi: quelle membra rotte si distesero sul giaciglio d’ogni giorno. Lentamente si sciolse il nodo della garza al polso destro. Il sangue iniziò a defluire piano, pigramente. Attese. Attese quella che noi chiamiamo morte e che per lui fu solamente un’altra frontiera, la frontiera ultima. La paura viscerale dell’uomo. Erano le dieci e quindici quando superò quella soglia, ancora una volta, come nei suoi racconti, oltre lo spavento supremo. Ma dentro, mentre si addormentava, sentì solamente un alito di vento fresco e un sibilo, il suo ultimo espiro. Chiuse gli occhi. Perse di vista la realtà, così come quel mattino l’aveva riscoperta, con un sorriso accennato sulle labbra.

The End

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