giovedì 7 gennaio 2010

La macchia (parte 2 di 3)

Quest’ultimo aveva una particolarità. Nella loro casa assai moderna i signori Schelfi avevano da anni installato un innovativo sistema di riscaldamento a terra, piccole canne in metallo che trasportavano l’acqua calda sotto il parquet di noce scuro e diffondevano un caldo tepore in ogni stanza. Il caminetto si era trasformato, in quella casa antica del centro cittadino, in un cimelio dell’antica anima di quell’appartamento, in una testimonianza di periodi duri in cui quelle stanze erano fredde ed abitate da uomini e donne differenti, prima giovani, poi anziani ed ormai defunti. Quel caminetto era una semplice testimonianza del passato, un angolo inutile ma pur sempre affascinante che i coniugi avevano deciso di mantenere, isolando però la canna fumaria che saliva verso il tetto mediante alcuni pannelli di polistirolo, per evitare una inutile dispersione di calore su e su fino al comignolo e poi fuori, nel cielo cittadino. A ricordo della sua antica funzione, al centro del pianale in pietra del caminetto, era stata posta una candela di un colore arancione spento, anch’essa con solo valore estetico e mai utilizzata. In questa piccola grotta protetta da ogni lato, al riparo perfino dalle proprie inquietudini, Liliana pose i propri regali per i famigliari e così fece alcune ore dopo il marito Roberto ed i tre figli. Sulla cima di una piramide composta da una quindicina di piccoli pacchetti, troneggiava un incarto color ocra, morbido e raffinato, che sembrava cadere un po’ ai bordi, rinserrato in un fiocco di tulle verde. Era stato Giancarlo, orgoglioso della propria azzeccatissima scelta, a porre all’apice della piccola collina di doni il bel maglione di lana di cashmere comperato il giorno stesso per la madre. Questo accadeva nel tardo pomeriggio, a poche ore dalla cena della vigilia e dai festeggiamenti.
Le ore che separano gli eventi narrati da quelli che stanno per accadere furono ore di vita famigliare, di chiacchiere più animate del solito, di una gioia tranquilla di cui tutti i cinque membri di casa Schelfi avevano agghindato il proprio sorriso. Si mangiò e si bevve, si parlò di gradevoli faccende ed anche Liliana volle farsi trasportare in quel mondo, così simile a quello degli anni passati, così caldo e confortevole. Lasciò da parte le proprie inquietudini e si dedicò ai primi, all’arrosto ed al panettone. Tutto sembrava contribuire a fare di quel Natale un Natale felice e nessuno presagiva ancora quale viscida, densa ed oscura macchia di inspiegabili eventi avrebbe di lì a poco trasformato quei caldi sorrisi in smorfie di inadeguatezza. Dopo la cena la famiglia Schelfi si riunì davanti al grande schermo del televisore, proprio a lato del caminetto zeppo di dare e ricevere. Le luci si spensero i tutti furono trasportati dentro una storia natalizia qualsiasi, con cani e bimbi come protagonisti, grandi difficoltà iniziali ed un lieto fine come altri. Scorrevano i titoli di coda, la mezzanotte era passata ed era tempo di aprire i pacchi, s’era atteso a sufficienza. Così Giancarlo si alzò dal divano, accese la luce del soggiorno e vide allegro i parenti avvicinarsi al caminetto. Ma qualcosa andò storto. Vibrò nell’aria un certo inspiro di spavento e poi dei ma ma..., cosa..., sospesi in un silenzio nuovo e senza risposte. Roberto guarda!, già diceva Liliana, C’è un regalo che spande qualche cosa...ma cos’è? Da dove viene? Madre e padre si erano gettati in avanti e con grande apprensione videro una macchia oleosa e nerastra che gocciolava dall’alto della piramide, ploc ploc, goccia dopo goccia, macchiando numerosi pacchetti. Liliana iniziò, senza capire cosa fosse quello strano liquido, a spostare i regali e già gridava, Roberto aiutami, corri, sbrigati! ed il marito, battendo pesantemente i talloni in giro per la casa, nervosamente corse, si brigò ed aiutò. Cercò un contenitore di qualsiasi tipo. Giancarlo se ne stette un poco distante, osservava come distaccato, senza capire ma con una certa curiosità, i movimenti dei famigliari che si accalcavano al camino, spostavano i regali accuratamente riposti, gettavano alcuni pacchetti sporchi di un qualche liquido proveniente da chissà dove in un secchio, correvano in bagno ed esclamavano, Ma cosa può essere stato? Che schifo accidenti, cosa può essere stato?. Così dicendo Liliana davanti al lavabo scartava rapida i pacchetti sporchi di tutti mugolando sempre più sommessamente, quasi affranta, Anche la felpa si è rovinata!, Quello era il mio regalo!, protestava il fratello minore, ma l’urgenza, l’impellenza di salvare il salvabile in quel momento sovrastava ogni meccanicità natalizia e continuò Liliana a scartare regalo dopo regalo, fino ad afferrare, più sporco ed impiastricciato di tutti, un pacchetto di carta color ocra di medie dimensioni ormai fradicio di un viscido nerume che aveva fiaccato la carta, incatramato il fiocco verde e, come Liliana si accorse dopo un istante, era penetrato all’interno del pacco macchiando irrimediabilmente un bellissimo, Oh Gesù! Questo maglione è tutto rovinato! Roberto guarda, è tutto rovinato, non c’è nulla da fare! Era per me, nevvero? Oh Gesù che peccato!. Liliana invocava proprio quel Gesù di cui il Natale rappresentava la comparsa sulla terra, lo invocava tra i sospiri, con voce tremante, la mente annebbiata dalla sciagura che aveva confuso le carte.

...to be continued.

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