lunedì 7 aprile 2008

Cinquanta vini o forse più. Tutti rigorosamente sputati. Tranne i migliori, tranne quei bianchi emozionanti, dal profumo di miele d'acacia, che, anche in una bocca stupida ed inesperta, regalano sorrisi. E quelli che ti sorprendono, dove il profumo ha il carattere della roccia su cui cresce il vitigno, ed il sapore invece ti colpisce con la sua dolcezza - inaspettato. I rossi odor di cuoio, svuotati a volte nella sputacchiera ancora prima di essere bevuti, senza nemmeno una possibilità di mostrarsi. Il sapore del pane tostato. Dai vini base alle riserve, cercando le differenze tra le varie annate, muovendosi sul sottile confine tra reale percezione dei frutti tropicali e l'immaginato soltanto retrogusto di topo morto.

Vino. Semplicemente vino.

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